Matrimonio vintage: perché ci si sposa ancora in bianco?

Vintage wedding: why do we still get married in white?

Il gioco delle coppie sta cambiando a velocità ultrasonica. Sposarsi? Si può ma non si deve. In quest’era di relazioni fugaci e dating-app, in cui la “vita da single” viene presentata come qualcosa a cui ambire e non più come un insuccesso (per fortuna), il matrimonio appare anacronistico, qualcosa di assolutamente fuori dal tempo. In particolare, ed è importante precisarlo, quello tra coppie eterosessuali, perché invece quello tra coppie dello stesso sesso è una conquista recente e, conseguentemente, una vittoria per quanto riguarda la parità dei diritti.  Per come e impostata oggi la società occidentale, in particolare nelle città, perlopiù si vive da soli, ci si arrangia da soli e si prendono decisioni solo ed esclusivamente su sé stessi in base ai propri desideri e alle proprie necessità. Il trionfo dell’individualismo. Ma c’è dell’altro: il matrimonio era un tempo considerato un prerequisito essenziale per costruire una famiglia, adesso, eliminato finalmente lo stigma della ragazza madre, lo è soltanto per chi desidera adottare poiché, almeno in Italia, l’adozione viene concessa solo alle coppie sposate (chissà poi perché). Considerando che, in generale, le persone non fanno più figli – perché “riprodursi” non è più considerato essenziale ma, soprattutto, perché allevare i figli è diventato sempre più costoso e gli aiuti sempre meno - ecco che il matrimonio perde ulteriormente di significato. A tutto questo si aggiunge il divorzio, sacrosanto diritto che ha letteralmente salvato la vita di milioni di persone, in particolare di donne, ma che inevitabilmente ha anche reso più effimero il concetto di matrimonio; una volta ci si sposava ed era, nel bene e nel male, per sempre, oggi la gente tende a considerarla più una fase che, si spera, duri per sempre ma che non è detto lo faccia. Eppure, in tutto questo, c’è chi va controcorrente e continua a sposarsi. Vuoi perché certe abitudini sono dure a morire, vuoi perché, come diceva qualcuno, in quest’epoca in cui tutto va veloce, le relazioni si consumano rapidamente, si cambiano lavoro, citta e partner con una frequenza mai vista, e i figli sono diventati un lusso, sposarsi e uno degli atti più rivoluzionari che si possano compiere. Date queste premesse, la cosa interessante o, quantomeno sorprendente, è il fatto che le donne continuino a sposarsi con il classico Abito da Matrimonio Bianco. Il valore, il significato, il concetto stesso di matrimonio è cambiato in maniera a dir poco radicale, ma l’abito da principessa bianco è rimasto; magari si è un po’ modernizzato, strascico e velo ad esempio rimangono solo un – discutibile – ricordo, le silhouette si sono fatte più pulite e le forme più minimali, addirittura la gonna si e accorciata fino, talvolta, a diventare mini, ma rimane comunque l’idea di un vestito drammaticamente diverso rispetto a quelli che si indossano di solito. Un vestito unico, da usare un’unica volta nella vita. Questo binomio – bianco + abito da usare una volta sola - rende il tutto ancora più démodé. I discorsi legati alla sostenibilità stanno occupando ruoli sempre più centrali nel mondo della moda, e sono gli stessi consumatori, ancorchè lentamente, a spostarsi verso scelte sartoriali più consapevoli. Il concetto di “abito da usare una volta nella vita”, per quanto magari prodotto in maniera etica, fa davvero a pugni con il principio stesso di sostenibilità. E poi c’è il bianco: la domanda per gli abiti da sposa in colori diversi non accenna a crescere, anzi, il bianco sta “infestando” anche paesi quali l’India e la Cina che hanno alle spalle tradizioni sartoriali e matrimoniali coloratissime. 

L’abito da sposa non è sempre stato bianco, e non è sempre stato una categoria di abiti a sé. Per secoli le donne si sono sposate con addosso abiti eleganti, di qualunque forma e colore, che semplicemente rispecchiavano le tendenze della moda. Il primo abito da sposa bianco, documentato, risale al 1406 ed apparteneva alla principessa Filippa, figlia di Enrico IV d'Inghilterra. Un secolo e mezzo più tardi, Maria Stuarda, incoronata regina di Scozia a soli nove mesi, scelse per le nozze con Francesco II di Francia, nel 1558, un abito candido, andando di fatto contro ogni buon auspicio: per i reali francesi il bianco era il colore del lutto. Ma solo in seguito al matrimonio della Regina Vittoria con il suo cugino di primo grado, sposarsi in bianco diventa una consuetudine, assieme all’idea che il candore della veste rappresenti la purezza (ovvero la verginità) della sposa. Appurato che, al giorno d’oggi, in occidente, le donne che arrivano vergini al matrimonio sono davvero una percentuale minima, e che la Regina Vittoria sposò nel 1840, questa persistenza del bianco nel 2022 davvero risulta piuttosto incomprensibile. Una possibile spiegazione, un po’ meno banale del consueto “Vogliamo tutte la giornata da principessa con l’abito da principessa” con la quale si tende solitamente a liquidare la faccenda nonostante, spesso e volentieri, non sia assolutamente vero, sta nell’amore per la tradizione. Non la tradizione in generale, ma quella specifica della nostra famiglia. Ci si sposa in bianco perché si sono sposate in bianco le nostre madri, le nostre nonne e le nostre bisnonne; abbiamo visto le foto di quei matrimoni, con quelle donne imbozzolate in creazioni che sembravano più dei giganteschi sudari che non degli abiti, abbiamo visto gli abiti stessi, sepolti sotto quintali di naftalina ma conservati comunque con amore, come promesse di gioia e ricordi di giovinezza. E poco importa se non sempre i matrimoni che hanno portato alla nostra nascita siano stati felici e duraturi come ci si augurava, la promessa era quella, il ricordo è quello, l’odore di naftalina non basta a cancellare quello dei sogni.  Un tempo, si riesumava l’abito da sposa della mamma, lo si sistemava un po’, e via verso l’altare. Adesso non si fa più: un po’ non è detto che i gusti delle nostre genitrici corrispondano ai nostri, e questo è legittimo, un po’ è passata l’idea che l’abito da sposa deve essere nuovo, costosissimo, e rispecchiare le ultime tendenze, nonostante sia lampante che il bridal segua delle tendenze a parte che poco hanno a che vedere con quelle del ready to wear. Inoltre pare che adesso di abiti se ne debbano avere due o tre, per cambiarsi nel corso della serata come fanno le celebrities. La buona notizia è che niente di tutto questo è obbligatorio.  A questo punto però, se davvero ci si sposa – in bianco - per amore di questi fantasmi in tulle e pizzo chantilly che popolano i muri delle case dei nostri genitori e le soffitte delle nostre nonne, e se davvero gli abiti delle nostre ave ci sembrano immettibili, la scelta più logica, sostenibile e, non ultimo, alla moda, sta nell’acquisto di un abito vintage. Del resto, è proprio in questi vestiti, spesso capolavori sartoriali eseguiti con tecniche che nessuno conosce più e realizzati in tessuti ormai introvabili, che si racchiude la storia del matrimonio. Nei corpetti, nei ricami, nei tessuti impalpabili, nelle silhouette che ripercorrono la storia della moda. Un abito “nuovo”, inteso come solo nostro, e al tempo stesso ricco di tradizione, che essendo già in circolazione, non va ad impattare sull’ambiente ma anzi, riduce, o quantomeno ritarda, la produzione di scarti. In questo modo non c’è solo la collezione di questo o quest’altro atelier da cui attingere, ma tutta la storia del costume, eventualmente riadattabile in base ai propri gusti, Con l’augurio che le nostre figlie un giorno facciano altrettanto. Se si parla di stili e di trend, un “matrimonio vintage” offre la possibilità anche agli invitati di utilizzare capi d’archivio invece di ricorrere a loro volta al nuovo o, in mancanza di fondi, al fast fashion. Non solo abiti: sottovesti, vestaglie, camice da notte, kimono anni Venti, scialli con le frange… tutto il repertorio del vintage può dare vita ad un abito da cerimonia elegante, prezioso, e non convenzionale. Ed ecco che un evento che di fatto si basa sulla tradizione, diventa una rappresentazione chic, originale e sostenibile della tradizione stessa. Le mode passano, il giorno del matrimonio pure, ma la bellezza resta. Il vecchio adagio inglese recita: something old, something new, something borrowed, something blue. Chi ha detto che old non debba essere proprio il vestito.